un tesoro nascosto in Garfagnana
Dai monti Albani illucescit e noi, gravati dalla barbarie culturale, ma indefessi nel tentare di “seguir virtute e canoscenza” risaliamo il corso del Serchio per inoltrarci nella Garfagnana, terra che non finisce mai di stupire nel mutevole scorrere delle sue stagioni, associato a testimonianze preziose di gastronomia e di arte. Cerretulum, o Castrum Cerreti – la nostra meta – feudo dei Suffredinghi, ci attende abbarbicata al versante orientale dell’Alpe Apuana, dominando Castelnuovo dall’alto dei suoi 550 metri di altitudine. A mezzogiorno l’appetito si scioglie nelle magie culinarie di “Laurieta”, prodrome al prezioso cimelio pittorico, “Crocifisso e Santi”, lasciato nella vicina Sant’Andrea da Niccolò Azzi, nato sul calare del ‘500 da uno dei ceppi più rigogliosi e fertili di Castelnuovo, gli Azzi di Pier Messo. Niccolò descrive il supplizio del Golgota con una sapienza pittorica che affonda nei virtuosismi naturalistici di “Baccin da Bargha”, imperversante nelle chiese sparse nella Garfagnana e ostentando, in pari tempo, vivide memorie della “maniera” della provincia emiliana, segnata dalle opere grottesche e volumetriche del cesenate Cristoforo Serra e del faentino Biagio Manzoni e perché no, si può aggiungere, con esiti non dissimili dal forte ed espressivo grafismo del mannucciano Camillo Ciai. Nell’ora della laboriosa “digestio”, recubantes sub tegmine fagi, ci tornano alla memoria le scene significative di Pontecosi, della Sambuca, di Pieve di Fosciana, di Lupinaia fino ai vertici drammatici toccati nella Crocifissione di Sillico, viva di riferimenti al Van Dick, al Brandimarte, al Fiasella. Il tempo suo più bello e maturo giunge nella Sacra conversazione di Lucignana, punto di fusione tra il naturalismo emiliano, le calde cromie di Baccio Ciarpi e la lezione del Guidotti, del Paolini, della Scaglia, di Camillo Ciai e Paolo Biancucci. Ormai vesperascit e dalle vette apuane la notte si appresta a stendere il suo “stellato velo” su un giorno volato via tra i virtuosismi di Niccolò Azzi e le magie di “Laurieta”.
Vincenzo Tani